domenica 30 novembre 2008

Tartara di pesce spada con arancia e zenzero.




Mi scuso di nuovo per la qualità delle immagini...purtroppo ho fatto un vero papocchio: le foto originali non le ho più, perchè per sbaglio sono state cancellate, e queste sono in formato ridotto per e-mail, che non posso più ritoccare...così sgranate, non danno l'idea di quanto siano belli i colori di questo piatto...peccato! Qualora dovessi cucinarlo di nuovo, mi impegno a metterne di migliori...
Non so perchè, ma mangiare "crudo" mi ha sempre dato un grande senso di benessere: forse per i condimenti, leggeri e non cotti; forse per le consistenze ed i sapori, così fedeli all'originale; forse perchè alcuni alimenti sono più digeribili da crudi che da cotti, o magari perchè il palato, stimolato da sensazioni poco usuali, si stupisce, felice ; forse perchè la cucina a crudo richiede una dose supplementare nella cura e nella scelta della qualità degli ingredienti.
Il mio pescivendolo di fiducia sa quanto io ami il pesce crudo, in versione sushi e sashimi: quindi mi ha subito fatto notare un roseo, freschissimo trancio di pescespada, che ho comprato di corsa. Ma, avendone usato soltanto mezza fetta (era alta un dito e mezzo circa) per il sashimi, con l'altra metà ho pensato di inventarmi una tartara, utilizzando quello che avevo in casa. Le dosi che darò sono quelle per una tartara monoporzione: voi regolatevi di conseguenza.

Mezza fetta di pescespada freschissimo
2 cucchiai di olio EVO di ottima qualità
un'arancia
cognac
un grosso pizzicotto di uvetta
zenzero in polvere
cannella
sale, pepe
una carotina
scaglie di mandorle pelate

Mettete in un barattolino l'olio, un po' di sale e di pepe, la punta di un cucchiaino di zenzero in polvere, un soffio di cannella e il succo di mezza arancia. Mettete da parte.
Con un macinino per la carne, dopo averla perfettamente pulita, passate non troppo grossolanamente la mezza fetta di pescespada. Mettete due dita di acqua con un cucchiaio di cognac sul fuoco: quando sarà tiepida, fatevi rinvenire l'uvetta.
Tostate le mandorle, facendo attenzione a non bruciarle.
Con l'attrezzo apposito, ricavate delle piccole scaglie di buccia di arancia, cercando di eliminare la parte bianca, che è amara. Mettetele in acqua e cognac e fatele bollire per un minuto, quindi scolatele e passatele sotto l'acqua fredda. Scolate anche, ma lasciandola ben umida, l'uva passa.
Tagliate a julienne finissima la carotina.
E' il momento di comporre il piatto: date forma alla polpa di pesce (io ho usato un copapasta, ma va bene quasiasi formina ), disponete intorno a mazzetti la carota, mettete sopra il pesce poca carota, le "zestes" di arancia, un pizzico di mandorle; cospargete il tutto di uvetta e poi, dopo averlo emulsionato ben bene nel barattolino, versate su tutta la preparazione il composto di olio, sale, pepe, spezie. Fate riposare una mezz'oretta al fresco prima di servire.

venerdì 28 novembre 2008

Insalata II , la vendetta...




...Ebbene, non ho resistito. Anche se questa stagione richiederebbe forse di più " Polenta e Osei " , ho voluto fare l'en plein con le insalatone de "Le Mirador", e riproporre, con grande gioia di mio marito, ma anche mia devo dire, l'abbinamento a cui avevo accennato qui. Obiettivamente si tratta sì di un insalata, ma non troppo estiva, se guardiamo gli ingredienti. E' davvero gradevole e molto, molto bella da presentare ( lo so, lo so, dalle foto non rende...). Abbinata a fette di pane tepido, magari di diversi tipi ( bianco, segale, sesamo...) costituisce un ottimo piatto unico, nutriente ed appagante. Anche qui non do indicazioni precise sulla quantità degli ingredienti: ognuno farà come crede...io proporrei di presentare l'insalata " a cerchi concentrici ", per così dire....fuori le verdurine e, nel cuore, i funghi, l'avocado...a lato i formaggi, a strisce o a dadolini non troppo piccoli: poi ognuno mescolerà a piacere! Procuratevi semplicemente

insalata gentilina o, MEGLIO, misticanza freschissina ( è più aromatica e ricca )
qualche champignon
un avocado sodo ma maturo (basta premere sulla buccia delicatamente: se cede, ma non troppo, è perfetto! )
formaggio tipi Asiago o Maasdam ( ma è più indicato il primo...)
olio Evo, sale, limone
una bella manciata di anacardi

Tagliate il formaggio a dadolozzi o a striscette.
Pulite la misticanza , senza tagliarla, o comunque senza tagliarla troppo.
Pulite gli champignons, tagliando quasi tutto il gambo , spellandoli ed affettandoli sottili con una mandolina.
Sbucciate e tagliate a fette sottili l'avocado, cercando di farlo all'ultimo momento perchè non annerisca e non si dissecchi.
Tostate, anche questo come ultima cosa, gli anacardi.
Mescolate qualche cucchiaio di olio a un pizzico di sale e a poche gocce di limone in un barattolino, scuotete con forza e versate la vinaigrette leggera sull'insalata, già composta sul piatto da portata. Accompagnate con pane tiepido....Bon appétit!



Con questa ricetta vorrei partecipare alla raccolta di Susina Strega del Tè sulle insalate: la trovate qui.

Sformatino di cardini profumato al basilico.



Innanzitutto...scusate le foto! Ho pasticciato col programma di ridimensionamento immagini...sgrunt!
Sono da sempre una vera golosa di verdure. Mi piacciono tantissimo e credo che siano il solo vero e unico alimento a cui non potrei mai rinunciare. Le amo crude, e mi piacciono cotte in tutte le salse: ma il mio debole, accanto alle verdure lesse, sono gli sformati. L'altra sera, in un momento di grazia, mio marito mi ha accompagnato a fare la spesa: è stato, CHIARAMENTE, un puro caso: avevamo portato l'auto a riparare, non era ancora pronta e quindi l'ho coinvolto in un giro al supermercato, operazione a cui si è sottoposto con la stessa gioia e lo stesso entusiasmo che ha il mio cane quando capisce che deve fare il bagno...Mentre gironzoliamo nel reparto verdure eccolo additare con espressione interessata un mazzetto di cardini, l'unico, solo, spaesato e cianciucato mazzetto rimasto orfano in un cesto pieno di aitanti, drittissimi cardi: al che, la frase che non avrebbe mai dovuto pronunciare..."Guarda, quelli lì sono quelli buoni dello sformato di Rinella!".
Rina, detta Rinella è la sua mamma. Premessa: io e mia suocera andiamo molto d'accordo: è una donna molto discreta, che non si intromette come tante suocere che sento in giro, e devo ritenermi davvero fortunata. Ma devo dire che quella frase ha suscitato in me un sano sentimento di competizione: nel senso che io, la ricetta del famoso sformato di cardini di Rina non la sapevo ( e mi sono resa conto solo allora della lacuna, perchè è davvero squisito! ), ma mi è venuta la tentazione di provare, di creare un qualcosa di buono e sfizioso per l'amorino mio con quello sperduto mazzetto di cardini. E sono stata ricompensata, perchè è venuto davvero appetitoso, anche se forse ho peccato un po' di sale: quindi anche voi, attenzione a ben dosarlo, dato che i formaggi già sono saporiti.... Adesso con mia suocera faremo a scambio di ricetta!

170 g di cardini puliti e già lessati
240 g di ricotta vaccina
85 g di pecorino romano
60 g di parmigiano
un bel mazzetto di basilico
farina di mais
2 uova
burro
sale, pepe

Frullate nel mixer i formaggi e, unendoli in un secondo momento, i cardini. Unire poi la ricotta, i due tuorli della uova e, solo da ultimo, il basilico. Quando il composto sarà ben amalgamato, aggiustatelo di sale, ma di poco, perchè i formaggi lo rendono già sapido. Unite abbondante pepe di macina.
Intanto montate a neve ben ferma i due albumi ed incorporateli lentamente, con movimenti ampi dall'alto in basso e dal basso in alto, al composto.
Imburrate ed infarinate con farina di mais, meglio se bramata o dosata, perchè di grana più consistente, uno stampo a cerniera apribile ( io ne ho usato uno da 22 cm).
Versate il composto, cospargete di abbondante farina di mais e ponete sopra qualche ricciolo di burro ,per la doratura.
Infornate in forno ben caldo a 150° per 5o minuti: infilando uno stecchino, dovrà uscirne asciutto. Fate ben intiepidire, poi servite con un'insalatina fresca di valerianella e pomodorini.

Aiutooooo! Travolta da un'ondata di premi...



Fantasilandia, grazie ancora! Mi hai fatto trovare sotto l'albero questi due bellissimi regalini! Ti mando un grosso bacio e faccio i complimenti a tutti quelli che condividono con me questa gioia...ciao, un abbraccio a tutti voi! :-)

martedì 25 novembre 2008

Insalata de " Le mirador "



Le Mirador è una piccola brasserie nel cuore di Nizza: seduti sia all'interno, che all'esterno, è possibile osservare il passeggio che, in tutte le stagioni, scorre lungo la via centrale per allargarsi in piazza Magenta. E' un posto carino: ci siamo fermati quasi per caso, in una giornata afosa di inizio estate, attirati dalla frescura dell'interno. Il personale è attento e simpatico, ed è un'esperienza veramente gradevole fare una sosta e mangiare un boccone in questo locale grazioso e alla mano. Ma il mio ricordo più vivo è legato alle insalate, di cui viene presentato un ricco menu: e non solo la classica nizzarda, con uova , acciughe e olive nere, che sembra andare per la maggiore, ma molte altre, alcune più esotiche, altre più raffinate, altre ancora semplici e quasi casalinghe. Ricordo che mio marito prese un'insalata la cui nota principale era il connubio champignons/ avocado: l'ho assaggiata anche io ( e ci mancherebbe!...) e mi è piaciuta molto; devo dire che, anche dal punto di vista estetico, si presentava benissimo!
Ma quella che ho scelto io, quella che ho eletto a MIA PERSONALISSIMA E SOVRANA INSALATINA , quella che faccio come piatto speciale , d'estate di preferenza, ma in qualsiasi stagione,era quella di cui vi posto gli ingredienti: io ho l'abitudine di presentarli separati in un grande piatto ,affinchè ognuno possa miscelarli come vuole, variando combinazioni e quantità.
E' un'insalata che appaga gli occhi, perchè è coloratissima e vivace; l'olfatto perchè è profumatissima, e per me in particolare profuma proprio di quella dolce, calda giornata in Costa Azzurra; e, soprattutto ,appaga il gusto. Gli ingredienti hanno infatti diverse, ma complementari consistenze, e sapori che, nonostante l'insieme possa apparire bizzarro, si fondono perfettamente. L'ananas è dolce e croccante, ma anche aspro: il surimi ed i gamberi dolci anch'essi, ma anche saporiti e teneri: la gentilina ,croccante, ma non troppo, pulisce il palato con le sue sottili note erbacee: così anche il pompelmo, aromatico ed amarognolo, col suo tocco di acidità: il mais , infine,dà profumo e colore. La salsa cocktail completa con quel tocco di esotico-anni80 che rende il tutto credibile e molto, molto appetitoso. Provatela, e non vi pentirete! Servono:

Gamberetti (meglio se freschi, puliti, sbollentati e passati sotto il getto dell'acqua fredda )
Mais in scatola
Ananas fresco o al naturale (NON sciroppato, mi raccomando! )
Surimi
Insalata gentilina freschissima
Un pompelmo, meglio se rosa, pelato al vivo e fatto a spicchi, che taglierete ognuno a metà
Salsa Cocktail

Presentale il tutto in un piatto da portata largo, dando ad ognuno una terrina dove mescolare gli ingredienti nelle proporzioni preferite : comunque , per avere il giusto effetto d'insieme, gli ingredienti devono essere presenti TUTTI! nel piatto di ognuno.
Poi ponete al centro della tavola il sale e una ciotolina con la salsa. L'olio è facoltativo: io lo trovo poco adatto.
Buon appetito!

Con questo post vorrei partecipare alla simpatica raccolta di Susina Strega del Tè, che potete trovare qui


Ancora premiiii!!!!!





Ringrazio infinitamente la dolcissima Mary di DeliziedelPalato che si è ricordata di me, nell'assegnare questi bei premi. Io, a mia volta, li giro ad Elisabetta, che ha appena lasciato un commento in un mio post, facendomi così scoprire il suo delizioso blog, a Mirtilla, divertente ogni giorno di più, alle semprebravissime Manu e Silvia, che vengono spesso a trovarmi Chez Moi! e a Susina, che come me ama il tè ed e troppo simpatica! Un bacio a tutte e grazie ancora, Mary!

lunedì 24 novembre 2008

Pasta alla "Giovane Italia".



E' solo per un gioco di parole, che ho battezzato così questa pasta, che a casa mia amiamo im particolar modo: niente Risorgimento, quindi, nessuna evocazione storica, ma soltanto una ricetta colorata di bianco-rosso e verde come il nostro tricolore, giovane perchè semplice e veloce da preparare. E' quindi adatta alle scorribande tra amici, così come per una serata speciale a chi vuole far breccia nel cuore dell'amato bene, ma ha a disposizione, magari dopo una giornata di lavoro, solo una manciata di minuti. Il tutto, infatti, si svolge in un quarto d'ora, venti minuti al massimo, il tempo di metter su la tovaglia e mettere in frigo il vino; occorrono soltanto:

Garganelli (le dosi sono per due/tre persone )
dieci/dodici pomodorini ciliegia
200 g di quartirolo
qualche cucchiaio di latte
3 cucchiai di olio EVO
qualche foglia di basilico fresco
una buona manciata di pinoli
sale, pepe di macina


Mettete a bollire l'acqua per la pasta. In un padellino antiaderente tostate i pinoli e lasciateli in caldo. Dividete in quarti i pomodorini e cospargeteli con due bei pizzichi di sale; mescolate e metteteli in uno scolapasta, ad insaporirsi e a perdere un po' dell'acqua di vegetazione.
In un'ampia padella tipo wok mettete l'olio, quando sarà abbastanza caldo (ma non troppo) ponetevi il quartirolo sbriciolato con le dita, aggiungete qualche cucchiaio di latte ed abbassate il fuoco, facendo sì che il formaggio si fonda: comunque, meglio se rimangono dei pezzetti ancora interi, perchè il gioco delle consistenze cremoso/compatto e delle temperature caldo/fresco è l'elemento vincente di questo piatto.
Sciacquate dopo un quarto d'ora i pomodori, e scolateli bene bene. Lavate le foglie di basilico.
Una volta cotti i garganelli, metteteli ad insaporire nel wok con il formaggio, facendoli saltare brevemente e cospargendo di pepe di macina.
Impiattando, cospargerete di pomodorini, pinoli tostati e basilico, meglio se spezzettato con le dita, anzichè tagliuzzato, per non perdere i preziosi oli volatili delle foglie.

P.S. Quella che vedete nella foto, non è una pasta fatta col quartirolo, perchè dove abito io non è facile trovarlo ( lo trovo invece con facilità a Pisa, in un iper di matrice francese, C...four, per capirsi! ). Ho quindi sostituito questo formaggio con 100g di ricotta vaccina + 100 g di feta sbriciolata, stemperati ed amalgamati, lasciando anche qui qualche pezzettino di feta un po' più consistente, e devo dire che il risultato è stato molto soddisfacente!

venerdì 21 novembre 2008

Evviva evviva! Premio fantasia e Premio Natalizio!


Che bello, altri due premi! Questo post è soltanto per ringraziare Fantasilandia e per fare i complimenti agli altri che con me li condividono...Un bacione!

Crostata DOLCE di spinaci!



La prima volta che ho assaggiato qualcosa del genere, ero nella mia cara, dolce Lucca. Qui è detta anche "torta coi becchi", per via dei pizzicotti che vengono dati al bordo della pasta per chiuderla e per decorarla, e ce ne sono diverse versioni, sia dolci che salate. Ma questa è di sicura la mia preferita, ed è da non credere quanto possano esser buone le verdure lessate in versione dolce, ma anche belle: il colore di questa crostata è veramente scenografico,e la consistenza molto , molto gustosa ed appetitosa. Il sapore, nonostante gli ingredienti possano apparite desueti in un dolce, non è affatto strano, anzi, se la farete assaggiare ai vostri ospiti, anche se all'inizio appariranno un po' riottosi e sospettosi, non è affatto impensabile che ve ne chiedano un'altra fetta, solo per assaggiarla di nuovo...ma dammene un'altra, vai, che mi voglio rendere conto...se ne hai un po' la porterei ad assaggiare a mio marito, voglio vedere che faccia fa quando gli dico di cosa è fatta....e così via!
Però devo fare delle precisazioni: la ricetta è "inventata da me", nel senso che non sapendo esattamente le proporzioni, mi sono affidata al mio istinto, e...mi è andata bene! E poi, credo che la ricetta originale preveda l'utilizzo delle bietole, mentre io l'ho fatta con gli spinaci, anche perchè sono stata influenzata da un'altra crostata, molto simile, e anch'essa dolce, che ho visto nel Vaucluse in Provenza.
Tutti gli anni al'inizio dell'estate vado in Provenza per rigenerarmi e per rifarmi gli occhi: amo quei luoghi con tutta me stessa: il clima, i paesaggi, la cucina rustica e raffinata al tempo stesso, profumatissima di spezie, colorata di rouille e zafferano, mi affascinano agni anno di più. Ma non potete sapere quanto sono rimasta sorpresa quando ho visto la crostata dolce di spinaci anche in alcuni libri di cucina provenzale!
Quindi, per osmosi gli spinaci sono entrati a far parte della mia personalissima crostata dolce di verdure, che mette insieme due dei miei luoghi del cuore!
Vi consiglio di buttarvi nell'impresa, visto anche che gli ingredienti non sono costosissimi e vale sempre la pena di provare e sperimentare... Le dosi che do per il ripieno sono leggermente maggiorate: nel senso che io ho usato uno stampo a cerniera da 22, e mi è avanzato un bel po' di ripieno: quindi...che dire? O fate una torta più grande della mia, o usate l'impasto che avanza ( circa la quantità di un bicchiere ) per delle minicrostatine, magari per deliziare qualche malfidato!

Per la frolla ( da 22 cm )
300 g di farina 00
150 g di burro (io ho usato quello a basso tenore di colesterolo )
150 g di zucchero
1 uovo intero e una chiara ( ho preferito la chiara al tuorlo, perchè è nutrizionalmente migliore del tuorlo...).Impastare la frolla velocemente (rimane più croccante) e mettetela a riposare in frigo una mezz'oretta. Userete una parte della pasta per le decorazioni e le strisce della crostata...

Per il ripieno
mezzo chilo di spinaci freschi ( ancora da mondare )
1 grossa manciata di prezzemolo fresco già pulito dai gambi
2 noci di burro
12 fette di pan carrè
2 belle manciate di uvetta
10 amaretti
4 uova
2 cucchiai di liquore all'amaretto ( sostituibili con un altro liquore dolce e profumato, tipo rum...a Lucca ne usano"Biadina": il nome è dovuto al fatto che la mescita di liquori che ne ideò la formula si affacciava su una piazzetta dove spesso sostavano a riposare i carri e le carrozze trainati da cavalli : l'oste, con fare scherzoso, chiedeva ai cocchieri ed ai lavoranti se volessero anche loro, come i cavali, un po' di...biada! )
100 g di zucchero ( o, meglio, 90 g+ dieci che metterete da parte )
pinoli a volontà

Mettete ad ammollare le uvette in acqua tiepida e ,se volete, un poco del liquore prescelto. Togliete la crosta alle fette di pan carrè, e mettetele in un poco di latte. Intanto lavate bene gli spinaci, togliendo solo le radichette, se ci sono, e le costole più dure. Metteteli a sbollentare per due/tre minuti e poi scolateli fino a quando non saranno intiepiditi: dopodichè, strizzateli bene, e tritateli finissimi con la mezzaluna o con mixer, insieme al prezzemolo. Mettete il burro in una padella larga, e poneteci le verdure ad insaporire e ad asciugare ulteriormente, per alcuni minuti, girando spesso.
Strizzate bene il pane e le uvette e uniteli al composto, una volta freddo: sbriciolate finissimi gli amaretti, e unite anch'essi: sbattete poi velocemente le uova coi 90 g di zucchero e mettete anche queste nel composto, insieme a due cucchiai di liquore.
Intanto imburrate ed infarinate lo stampo a cerniera, foderatelo di frolla, bucherellandola, mettete dentro il composto ( deve essere alto circa due dita, quindi, come ho detto, è possibile che avanzi...) ed spargete sopra i restanti 10 g di zucchero e i pinoli. Infornate in forno ben caldo a 180° per 50 minuti circa: mi raccomando, prima di aprire la cerniera, aspettate che la torta sia ben fredda!
Volete abbinare un tè? Io ne servirei dal sapore pulito ed erbaceo: che ne dite di un sencha?


giovedì 20 novembre 2008

Torta di Rose (di Marble)


E' facile capire il perchè del nome di questa torta, nel vedere le foto!
Marble è un membro del Cookaround forum di Cookaround...lei non lo sa, ma regalandomi, anzi, regalandoCI questa meravigliosa ricetta, ha fatto la felicità di tutta la mia famiglia, dal più grande al più piccino , e in più di un'occasione...Oltretutto, da piccola, avevo visto più volte questa torta "girellare" sui tavoli della mia famiglia...ma, ora che sono una donnina ;-P e che la volevo fare io, non ho trovato più nessuno che conoscesse la ricetta, anche perchè chi la faceva, cioè la mia nonna, non c'è più da tanti anni, ormai... quanto mi pento, a volte, di non aver saputo carpire tutti i segreti della sua cucina! I suoi fichi e le ciliegine sotto zucchero, la sua minestra di pesce...chissà cosa metteva!
Le foto che vedete sono di parecchio tempo fa, perchè quella che ho fatto in questi ultimi giorni non l'ho potuta fotografare, per causa maggiore: ovvero, per mancanza di macchina fotografica, portata via dal consorte per lavoro. Orfana della mia compattina, non ho però demorso...o demorduto...come cavolo si dice? Insomma, non mi andava di demordere ( va meglio così? ) ,e non ho rinunciato a farvi partecipi di questa meraviglia di ricetta ,riesumando foto vecchie che avevo già postato sul forum di Cook. Non è che siano il massimo, con quella carta forno provata dalla cottura "svenuta" sotto la torta: ma credo che siano comunque efficaci per far capire quanto buona, croccante, golosa e morbidona sia la Torta di Rose!
E' adatta per la colazione, come per un tè con le amiche, ma anche come regalo casalingo per una persona cara, magari la vicina di casa, come è successo a me, o una zia che compie gli anni. E' una torta talmente versatile e di sicura riuscita che , ai suoi tempi, all'epoca della scoperta di questo salvifico post, l'ho cucinata per tre volte di seguito, anche per gli amici della mia mamma! Ringrazio quindi la bravissima Marble , ovvero Anna Rita, che ha postato questa ricetta da lei definita "classicissima": ed infatti lo è, ma si presta ad un'infinità di varianti, basta che vi abbandoniate alle vostre fantasie golose più spinte...ad esempio...che ne dite di aggiungere all'interno pezzettini di mela, o marmellata, o gocce di fondente? Oppure io proporrei, per essere in tono col nome della torta, di spargere sulla crema di burro uno strato di petali di una varietà profumatissima ...cosa c'è di più coerentemente profumato di una torta di rose...alle rose?

Il procedimento è in più tempi: innanzitutto bisogna fare l'impasto con:

500 gr farina
1 busta di lievito di birra in granuli ( tipo Mastro Fornaio )
100 gr zucchero
1 busta di vanillina
1 cucchiaino raso di sale
la scorza grattugiata di un limone
2 uova
80 gr burro
125-150 ml latte tiepido

Poi prepariamo la farcia:

100 g burro a temperatura ambiente
100 g zucchero

Unite il lievito alla farina, aggiungete lo zucchero, il sale e la vanillina le uova, la scorza di limone. Fate fondere dolcemente il burro, e unite anch'esso. Stiepidite il latte, ed aggiungete anche questo lentamente al composto, impastando . Dovrete lavorare l'impasto a lungo, per dieci, meglio quindici minuti. Quindi i casi sono due: o avete braccia buone e grande forza di volontà, o vi preparate un buon caffè mentre qualche aiutante meccanico, magari qualche planetaria dal cuore tenero e dall'animo gentile, vi dà una mano nell'impresa...
L'impasto dovrà poi lievitare in luogo tiepido, coperto da un canovaccio, per un'ora e mezza circa.
Ammorbidite il burro, e lavoratelo con lo zucchero ( o chiedete un'ultimo favore alla vostra planetaria...), sino ad ottenere un composto spumoso.
L'impasto, intanto, si sarà gonfiato un bel po'. Prendetelo con delicatezza, ponetelo su un piano infarinato e tiratelo in una sfoglia altina, di dimensioni 35x50 cm ( quando lessi queste dimensioni sul post di Marble, pensai che forse erano un pelino troppo precisine...ma non è vero, devono essere seguite scrupolosamente, perchè solo così la torta avrà perfetta riuscita in cottura! )
A questo punto con una spatola spalmate la superficie con la crema di burro. Arrotolate la sfoglia per il lato più lungo sino ad ottenere un cilindro che taglierete con una coltello affilato ed infarinato, in "girelle" spesse due dita circa ( dovrebbero venirne 10, meglio se 12).
Mi raccomando, che abbiano tutte lo stesso spessore!
Disponete le "girelle " in una teglia foderata con carta forno inumidita e strizzata, in modo che la riempano tutta; lasciatele lievitare per mezz'ora: gonfiando, tenderanno ad unirsi, ed ancora di più in cottura, colmando tutti gli spazi!
Infornate quindi in forno ben caldo a 200° per 25/30 minuti.
Ho parlato di tè con le amiche...ma...quale tè? Nella variante ai petali, offrirei un tè aromatizzato alla rosa, ma non solo alla rosa...mi viene a mente il tè "Rosa del Giappone", miscela ormai classica distribuita dalla Snak, e ormai più che reperibile: si tratta di un genmaitcha a cui sono stati aggiunti piccoli boccioli di rosa, petali di fiordaliso , con uno spiccato sentore di frutti rossi. Visto il tè di base, è anche povero in teina, oltre che squisito!
Altrimenti, per le varianti più classiche, tipo marmellata o cioccolato, perchè non optare ancora una volta per un aromatizzato, ma questa volta alla vaniglia?



martedì 18 novembre 2008

Tagliatelline gamberi, mele e curry




A Firenze c'è ( o c'era? ) un piccolo locale nella zona del mercato di san Lorenzo: si chiama Lobster. L'ho scoperto per caso, un giorno d'estate :ciondolavamo affamati ed accaldati, alla ricerca di un posto dove mettere qualcosa sotto i denti, ma soprattutto dove sedersi e rinfrescarsi. Attirati dall'insegna che richiamava il mare e la frescura dei fondali, siamo entrati, e ci siamo subito rallegrati della scelta. Il locale era piccolo, ma molto ben arredato, in uno stile che mi ha ricordato i luoghi costieri della mia adorata Provenza. Persino il bagno era in tema: al posto della carta, per asciugarsi le mani facevano bella mostra di sè, in un tenero mobilino, decine di minisalviette color lavanda: mi sono sentita definitivamente conquistata.
Non sono più tornata in quel ristorantino, non so neanche se esista più; ma un ricordo tangibile e reale me lo sono portato a casa: la ricetta che ora vi girerò, che ho ricavato dall' assaggio di questo piatto. Mio marito mi prende sempre in giro . " Dai, su, fai l'analisi organolettica! " mi sprona, quando sono al primo boccone di una pietanza che non conosco: ma io impassibile, tiro fuori penna e taccuino dalla borsa ( ma in mancanza di questo va bene tutto: tovaglioli di carta, biglietti da visita, scontrini vecchi...) e butto giù impressioni e spunti, per poter poi ripetere a casa la magia di quel sapore, o l'alchimia di quel profumo. Mi è sempre piaciuto carpire i segreti dei ristoranti in cui ho mangiato andando in giro: mettere in bocca e mandar giù con un semplice " MMM, buono! ", non mi basta: perchè se vado al cuore di quel piatto, e ne colgo l'essenza e l'ingrediente speciale, potrò far rivivere quel momento felice e vacanziero tutte le volte che voglio!
Perciò, vi bisbiglio in un orecchio questa ricetta: la dedico a chi ama il mare, a chi ma le spezie, a chi ama la pasta e a chi ama le mele , insomma...a tutti voi!

Una mela stark grande
una cipolla rossa media
una trentina di gamberi scottati, di media grandezza
mezzo dado vegetale
cognac
curry
olio, burro
sale, pepe di macina
tagliatelline fini

Le dosi sono per due/tre persone: potrete aumentarle in proporzione.
In una padella capiente mettete un cucchiaio di olio EVO e la cipolla, che farete subito stufare aggiungendo qualche cucchiaio di acqua. Quando sarà tenera, aggiungerete la mela tagliata a dadolini piccolini , ed il mezzo dado. L'acidità della cipolla e del liquore faranno sì che la mela non scurisca.
Intanto prendete i gamberi, togliete la testa, il carapace, il filo sulla schiena con uno stecchino e lasciate solo le codine. Quando la mela sarà quasi cotta ( cercate se possibile di non farla disfare troppo ) aggiungete i gamberi, un pizzichino di sale e sfumate con uno spruzzo di cognac, alzando il fuoco per farlo evaporare subito. Fate insaporire per qualche istante: quindi aggiungete un cucchiaino di curry, facendolo ben sciogliere nel fondo di cottura. Spegnete il fuoco e mettete a disfare dolcemente nel composto due noci di burro. Scolate al dente le tagliatelle e mantecatele nel sugo: impiattate subito e cospargete con un po' di pepe di macina. Sentirete che profumo!

sabato 15 novembre 2008

Crepes castagne, cotogne e zenzero.



La farina di castagne che ho comprato in questi giorni si è rivelata un ingrediente versatile: l'avevo già utilizzata pochi giorni fa per per questo piatto, le tagliatelle con la camomilla. L'idea di questa crepe mi è venuta dall'esigenza di riutilizzare un avanzo di impasto di questo tipo di crepe. Anzi, praticamente ne è una variante: rimane la pastella, rimane l'uso della ricotta, ma ci sono degli elementi che, pur piccoli, danno profumi nuovi e diversissimi dall'altra: insomma, quello che voglio dirvi è che, se vi procurerete gli ingredienti di questa e dell'altra crepe, considerando che molti sono in comune...potrete fare tutti e due i tipi in contemporanea, per la colazione, il dessert o la merenda dei vostri golosoni preferiti.
Dunque...avete presente l'altra ricetta? Ecco, aggiungete alla farina di castagne della pastella, anche qui prima di mettere gli ingredienti liquidi, due belle cucchiaiate colme di cacao amaro ( mi raccomando, non di miscela per il cioccolato in tazza, quella tanto reclamizzata, per intenderci...cacao amaro, scuro, profumato, puro! )
Lavorate la ricotta con zucchero, o dolcificante, ed aggiungete un pezzetto grande due centimetri circa di zenzero, che si ridurrà di certo,quando avrete tolto la buccia ,e lo avrete ben grattugiato eliminando i filamenti più grandi ( credo che per grattugiare lo zenzero vadano benissimo quelle piccole grattugie per l'aglio, di solito in porcellana...)
Comporrete quindi la crepe mettendo su un quarto la ricotta con lo zenzero, piegando quindi a metà, spalmando sul piano superiore un bello strato di marmellata di cotogne: se fosse troppo solida, ammorbiditela leggermente al calore dei termosifoni o con qualche secondo di microonde in modalità "disgelo" :f a poco Fatina dei Dolci, ma sono sicura che ormai anche i Piccoli Aiutanti di Babbo Natale lo usino....Piegate ancora e cospargete la superficie di zucchero a velo.
Se volete, decorate il piatto con fettine di zenzero, o con zenzero in polvere, o con due o tre pezzettini di zenzero candito.
Questa crepe credo si adatti bene anche per la nostra amatissima ed irrinunciabile ora del tè: ma...quale tè abbinarvi? Magari un tè verde, o una miscela India/ Cina aromatizzati con la profumatissima radice: però personalmente credo che in questo caso il tè dovrebbe pulire le papille gustative proponendo una nota diversa, ma complementare: quindi opterei per la scia di citronella di un buon Nilgiri, acre, fresco, fruttato... Buona merenda!

venerdì 14 novembre 2008

Premio Criceto Goloso...anche per me!


Che emozione! Il mio primo premio! E' per me motivo di grande soddisfazione aver ricevuto questo riconoscimento da Dida70 de Gliamorididida, e soprattutto sono felice di fare nuove amicizie e di confrontarmi con tante persone con le mie stesse passioni! Ti ringrazio, Dida, e giro a mia volta il premio ad alcuni blogs che mi hanno particolarmente colpito, per motivi diversissimi, e che sono stati per me una vera scoperta...
a Brii perchè è un vulcano di idee
a Via delle Rose perchè è sciccosissima
a Twostella perchè è un'avvincente narratrice
a Calmeetcacao perchè ti fa respirare l'aria di Parigi
a La Ciliegina sulla Torta perchè è tenera e golosa
e a Papavero di campo per la sua creatività e la sua profondità

Comunque sono davvero molti i blogs da cui traspare cura, amore, passione , cultura e personalità! Quelli che ho premiato, sono solo alcuni, ma devo dire che sono tanti e tante quelli di cui sono un'assidua lettrice! Quello dei blogs di cucina, ma, io direi, quello dei blogs in generale, è un universo tutto da scoprire, da cui traspare una generazione molto meno ignorante, incapace di esprimersi ( anche in un Italiano corretto ),piatta ed antipatica di quanto i media ci vogliano far credere! A tutti voi, va il mio riconoscimento...

giovedì 13 novembre 2008

Tagliarin di farina di castagne con cipolla e ...camomilla!




Vi è mai capitato di scervellarvi, e di non ricordare assolutamente dove , da chi ed in quale occasione avete avuto una ricetta, magari una ricetta particolare, una ricetta del cuore? E' quello che è successo a me qualche giorno fa: era dall'anno scorso, vista la stagionalità della farina di castagne, che non facevo questo piatto: nello sfogliare il mio mitico librone dei ritagli e degli appunti di ricette ( un ammasso di carta strappicchiata e appiccicaticcia, ma che mantiene inalterata , nella mia cucina, la dignità di Librone Maestro ), ho ritrovato il pezzettino di carta dove avevo appuntato, con una grafia di anni fa e che non mi appartiene più!, la ricetta dei "Tagliarin di Sondrio alla farina di castagne e camomilla". " Oggi ti cucino questi...va bene? " ho detto a mio marito con fare suadente, sfoderando tutte le armi di convincimento e di persuasione a mia disposizione ( non molte, per la verità, ma efficaci...) ;anche perchè avevo una voglia matta di mangiarli io, e non volevo farmi dire di no. "Sì, dai, è un sacco che non li mangiamo...ma chi te li ha insegnati? ".
La domanda ha suscitato il panico in me...il vuoto assoluto...oddio, non è che sto invecchiando? Poi, dagli abissi della coscienza, il ricordo sfuocato di una mattina piovosa in casa vecchia...forse alla televisione...forse a La Prova del Cuoco, tanti anni fa...
Fatto sta che quando abbiamo messo in bocca la prima forchettata, ogni domanda è risultata inutile e superflua. Gnammm il profumo della camomilla...gnamgnammmgna la tenerezza e la dolcezza delle tagliatelle.....gnagnammmgnamm il parmigiano, così fondente e sapido...La vita è "hic et nunc": chi se ne importa da dove viene questa ricetta?...In quel momento ero smemorata, ma felicissima! Vi regalo un po' della mia felicità, passandovi questa ricetta..

farina di castagne
farina bianca 00
1 uovo
olio
burro
cipolla rossa
camomilla in bustine, o sfusa, basta che ci sia qualche capolino ( anche per bellezza )
vino bianco
dado vegetale
sale, pepe di macina
parmigiano

Fate una normale sfoglia, mettendo la quantità che riterrete opportuna di uova a seconda dei commensali, e mettendo tanta farina quanta ne prendono, eventualmente aggiungendo un goccio d'acqua...tutto come fareste per delle normali tagliatelle fatte in casa....solo che....magia....il composto di farina dovrà prevedere 2/3 di farina bianca e 1/3 di farina di castagne. Come innaginate, la sfoglia verrà molto tenera, come tenere saranno a fine cottura queste tagliatelle: quindi, se preferite un risultato un poco poco più sostenuto, mettete qualche pizzico di semola di grano duro: io comunque vi consiglio di provare senza quest'ultima, perchè la morbidezza è il grande pregio di questo piatto! Piegate la sfoglia, tirata fine, ma non troppo, in tre, e ricavate con un coltello affilato ed infarinato delle tagliatelle belle larghe ( due dita circa ), che metterete da parte.
Intanto in un tegame capiente metterete un filo di olio e una ( o più ) cipolla rossa tritata, a soffriggere per pochi istanti, e poi a stufare dolcemente ( se volete, infiammate con pochissimo vino bianco, tanto per dare profumo ) col dado vegetale, ma anche un po' di sale per non ritrovarsi poi con un insieme troppo dolce!
Intanto mettete sul fuoco l'acqua, a cui, al punto di ebollizione, aggiungerete, chiaramente, sale, ma anche olio, per non fare attaccare i delicati tagliarin. Una volta cotta quasi a puntino, scolate la pasta dolcemente, passatela nel tegame con la cipolla a mantecare, aggiungendo due o più noci di burro a crudo ( che sia di ottima qualità! ), abbondante parmigiano , abbondante pepe di macina e, una volta impiattata, la camomilla ,sbriciolata delicatamente coi polpastrelli: mettetene un bel pizzicotto, non abbiate paura di esagerare: la camomilla si fonde perfettamente con l'insieme, esaltando, e non coprendo, gli altri sapori!
Provate questo piatto tutto autunnale e...siate felici!

mercoledì 12 novembre 2008

Carpaccio di salmone con Vodka



Devo dire che, ultimamente, in casa mia tira aria di Russia. Non so perchè: sarà l'inverno, che sento avvicinarsi con passo felpato; sarà il crescente interesse per i Samovar, oggetto totemico legato al rito del tè che mi piacerebbe tanto ricevere per Natale ( e chi vuole intendere, intenda...); saranno i libri di Dostojevski che ho riscoperto su uno scaffale della mia biblioteca, e che forse rileggerò, oggi che posso apprezzarli senza considerarli un'imposizione dei professori...l'interesse per la Russia si fa intenso, anche perchè forse mio marito dovrà andarci per lavoro, ed io devo essere ben preparata sul regalo che gli chiederò...ih ih! Comunque sia, in un libro di carpacci, da cui ho intenzione di trarre diversi spunti, ho trovato una pagina dedicata al "Carpaccio alla russa". Ora, io non so quanto di vero e quanto di folkloristico vi sia in questa ricetta: fatto sta che mi è piaciuta molto: la nota asciutta e leggermente amara della Vodka "pulisce" il gusto del salmone: il pane di segale, con la sua ruvidità, accompagna a meraviglia la morbidezza umida del pesce: la freschezza del candido yogurth, simile a neve della Siberia ( tanto per essere in tono! ) esalta tutte le componenti di questo piatto semplicissimo, ma che vi farà guadagnare qualche ammiratore in più....Se volete provarlo, badate di procuravi:

una confezione di salmone affumicato di buona qualità
(non do dosi precise, perchè gli ingredienti
possono variare in quantità ed in propor-
zione a seconda dei vostri gusti e del
numero dei commensali )

un limone
vodka
olio EVO
aneto
erba cipollina
yogurth greco naturale
pane di segale
sale, pepe

Fate una vinaigrette con approssimativamente il succo di un limone, un bicchierino di vodka, pari quantità di olio evo,sale. Mettete a marinare il salmone in una pirofila o nei singoli piatti, regolandovi con la quantità di vinaigrette da usare . Spolverate abbondantemente di pepe di macina , di aneto e di erba cipollina, e lasciate macerare in frigo, coperto da pellicola, per un'oretta circa.
Intanto preparate una ciotola dove metterete lo yogurth greco, o un qualsiasi yogurth colato: nel senso che io ho usato il mio kefir, messo a sgocciolare dalla parte acquosa per alcune ore in un tovagliolo appeso al rubinetto della cucina ( prodigi della tecnologia...) : e devo dire che si è rivelato molto adatto.
Servite quindi col pane di segale.

Sempre a proposito di Russia, avevo una forte curiosità su quello che fosse il tè preso "alla russa": molto dolce, accompagnato da frutta candita. Addirittura era usanza, e credo lo sia ancora, nelle campagne sorbire il tè attraverso una zolletta di zucchero tenuta tra i denti: che bello, spaziare attraverso le varie abitudini ed usanze che accompagnano l'atto di bere il tè! Non avevo il Samovar, per poter fare il tè concentratissimo a cui poter aggiungere acqua calda: ma mi sono venute a mente le tazze che ha portato mio suocero da Mosca, una ventina di anni fa. Le ho tirate fuori, ho messo in tavola zucchero di canna in zollette, fettine di limone e di arancia, canditi e il Tè di Damman Frères ( sono tutti numerati: questo è il numero 1 ) che mio marito mi ha portato da uno dei suoi viaggi , comprandolo all'ultimo momento all'aereoporto di Bruxelles , ma senza essere cosciente che mi avrebbe fatto un regalo così gradito e desiderato! Si tratta del Goût Russe Douchka ,la famosa miscela creata da Jean Jumeau -Lafond negli anni cinquanta del secolo scorso per i Damman di Parigi, che hanno trattato tè in Francia da tempi immemorabili: i primi documenti che parlano di un certo Sieur Daman risalgono ai tempi di Luigi XIV!
Per Jumeau-Lafond si trattava anche di un omaggio a sua moglie, di famiglia russa: omaggio che gli portò immensa fortuna. Le Gout Russe si rivela un aromatico connubio di tè neri di cina e di agrumi: una risposta tutta francese al britannico Earl Grey, di cui rappresenta una sofisticata reinvenzione e variante ,studiata per il samovar o comunque per venire incontro ad un certo modo di degustare il tè.
Devo dire che è stato un tè delle cinque diverso e piacevolissimo. Non vedo l'ora di ripetere l'esperienza in maniera più "fedele": con il Samovar sul tavolo e magari un tè della Georgia!

martedì 11 novembre 2008

La Signora del Tè.




Ho già parlato del mio amore per Lucca, amore che si rinnova ad ogni visita a questa magnifica città piena di fascino e di angoli da scoprire. E' qui che si trova uno degli angoli di mondo in cui ho lasciato il cuore: a due passi dalla casa natale di Puccini, in Piazza Cittadella 6, si trova una deliziosa sala da tè, gestita da una ragazza minuta e dai modi gentili , la Signora del Tè, appunto: L. La sua disponibilità l'avevo già toccata con mano in una semplice telefonata, che avevo fatto per sapere gli orari del negozio e non avere sorprese, dato che sarei partita apposta, quel giorno,per andarla a trovare a Lucca. Mi è stato domandato se avevo esigenze particolari, o gusti specifici: per quanto possibile tutto ciò che avrei chiesto mi sarebbe stato fatto trovare l'indomani in negozio. Lo so, che è (ops! dovrebbe essere ) un atteggiamento normale, da parte di chi sta a contatto con i clienti: ma considerando gli "sgrunt-mumft-boh-non-so-uff " che escono dalle bocche di tanti negozianti al giorno d'oggi, mi è sembrato quasi un'illusione...uditiva!
Sono stata fortunata...dopo un iniziale acquazzone che mi ha scoraggiato, è uscito il sole, e quando sono arrivata al negozio, sotto lo sguardo sornione della statua del Maestro, ero sola: quindi L. si è dedicata tutta a me. La cura nei dettagli, le spiegazioni esaurienti, la disponibilità con cui mi ha fatto vedere, annusare, toccare i vari tipi di tè hanno trasformato la mia visita in una vera lezione! La gamma dei tè, illustrati oltretutto in un bellissimo catalogo messo insieme da L. stessa, è impressionante per quantità, ma soprattutto per qualità: mi hanno colpito i Pu'Er, in tavoletta, in nido.... ed i tè bianchi, in special modo un bianco di camelia assamica che spero tornerò presto a comprare. E poi...le teiere, specialmente quelle della collezione privata...stupende,soprattutto quelle naturalistiche. Gli accessori, i sali al tè, e tutti gli stuzzichini con cui si può accompagnare una degustazione, tutto è stato scelto con molto buon gusto. Parlando, L. mi ha raccontato della neonata Associazione Amici del Tè, con sede in Lucca, e delle sue iniziative: dimostrazioni di Chanoyu, e ultimo , ma non ultimo, il tentativo di "ricreare" il tè con sale e burro di Yach tipico delle minoranze etniche Tibetane. Inoltre, mi ha parlato di Yoko Shimada e della scuola Omotesenke, in cui ha studiato per poter diventare Maestra nella cerimonia del Tè, e della sua costante ricerca in questo campo. A questo punto la domanda, come si suol dire, è nata spontanea: da dove tanta passione per il tè? Dai viaggi, mi ha risposto, che, per lavoro, l'hanno portata in oriente, a contatto con culture diversissime, perchè L....è un mezzosoprano, ed è anche bravissima!
Era tutto perfetto : io, che parlavo con una maestra di tè ,cantante lirica, a due passi dalla casa del mio adorato Giacomo, col mio amore accanto, nella mia città del cuore! Un sogno da cui avrei voluto svegliarmi il più tardi possibile...
Ho acquistato due tazze giapponesi, quelle della foto un tè bianco (White Snow Buds...prodigioso! ), uno verde ( il Lung Ching ) ed uno nero ( un darjeeling Marybong )...non tutto quello che avrei desiderato, ma ora le mie finanze sono un po' scarsine: verso Natale...ci sarà la riscossa!
A L., che con tanta gentilezza mi ha guidato nel mondo del tè , dedico questa semplice ricettina, augurandole ogni bene per la sua attività.

Scented Tea

Tè verde ( consiglio per questa preparazione un Bi Lo chun, freschissimo, e profumato dei fiori degli alberi da frutta a contatto dei quali è coltivato. Se non lo trovate, va bene un qualsiasi tè verde delicato, o anche un bianco...)
Una prugna secca denocciolata ed aperta a metà
Due o tre fettine sottili di zenzero fresco
Un litchi, meglio se fresco ( altrimenti sciroppato, ma ben sgocciolato: io ho usato questi ultimi, che avevo già utilizzato qui )
Qualche cristallo di zucchero.

Mettete la frutta ( alla fine potrete anche, volendo, mangiarla!) in una tazza preferibilmente di vetro,dato che l'effetto finale è più gradevole.
Versatevi sopra il tè con delicatezza: attendete qualche minuto e bevete a piccoli sorsi...provatela in una fredda giornata d'inverno,perchè...accidenti, se riscalda !

P.S. Quello che vedete scritto sopra si riferisce a qualche tempo fa...sono tornata a Lucca e, naturalmente, da La Signora del Tè. Mi sono fatta il regalo che mi ero ripromessa: l'Assam bianco, ma anche un pregiato Sencha ed una teiera che tra poco vedrete immortalata in un prossimo post (che posso farci? Di fronte a tanta bellezza, non resisto! ). Devo dire che l'impressione d'insieme è stata ancor migliore!





domenica 9 novembre 2008

Pane e focaccia con pasta madre di Kefir...


Ragazzi...son soddisfazioni! Come sa chi mi conosce, anche virtualmente, le settimane scorse hanno visto dei momenti "panificatori" particolarmente soddisfacenti. La Baking-Mania si è impossessata di me, rendendomi insensibile ad altre spinte culinarie: e la situazione è peggiorata quando mi sono resa conto di poter sfruttare il mio personalissimo esercito di gommini bianchi ( i grani del Kefir, di cui ho già parlato ) per avere una specie di pasta madre semplice semplice, economica e veloce. Per questo devo ringraziare il forum di Cookaround, in special modo le cookine Anahì e Kuklamaja che con il loro interessante post Sperimentando col Kefir mi hanno dato tante dritte e spunti. L'esperimento è iniziato una domenica pomeriggio, e si è concluso due giorni dopo, due giorni in cui IO non ho alzato un dito, ma LORO, i magnifici mille gommini si sono dati da fare, trasformando la farina in un'acida pastella, pronta a rendere morbido, gonfio e deliziosamente sapido ogni mio impasto...meraviglia! Il procedimento è molto semplice.
Procuratevi un Kefir bello denso e "frizzantino", di 24, ma meglio se anche di 48 ore.
Prendete una tazza, che farà da unità di misura, e mescolare con cura in una ciotola una tazza di Kefir, una di farina, un cucchiaio di olio e due cucchiai di zucchero, o miele, o malto...insomma, un qualsiasi "starter" zuccherino, tale da dare la spinta ai piccoli maghetti, affinchè si mettano prontamente all'opera.
Trasferire il tutto in un barattolo dalla bocca larga, o in un recipiente graduato...basta che sia trasparente, per poter meglio controllare il grado di crescita della vostra pasta madre, e con la bocca tale da far ben respirare il contenuto.
Coprite sopra ed intorno con pellicola trasparente ( fate dei buchetti sopra, per fare entrare aria! ) affinchè il recipiente sia ben protetto e calduccio, e trasferite in un luogo tiepido, dopo di che...andate a fare tutto quello che vi pare per un giorno intero, o anche uno e mezzo.
A questo punto andate a dare un'occhiata ( eh, beh, qualcosa dovrete fare pure voi... o no? ). La pasta dovrebbe essersi gonfiata, anche del doppio, o comunque dovrebbe presentare molte bolle di gas che a mano a mano tendono a scoppiare.
A questo punto riprendete la vostra tazza-misurino ed unite con delicatezza alla pasta acida altre cinque tazze di farina ( di cui, se volete, una di manitoba, per dare maggior forza all'impasto ) e una mezza tazza di acqua tipepida: volendo, aggiungete sale, ma non molto, perchè il sale tende a frenare le lievitazioni!
Impastate dolcemente e date da forma che volete: se desiderate un pane, fate un filone e mettetelo a lievitare in un recipiente a bordi alti, foderato di carta forno: se volete una focaccia bella soffice, da farcire, stendete l'impasto in una teglia.
Dopodichè dovranno trascorrere tre ore circa. Poi, potrete infornare la vostra focaccia, dopo averla cosparsa di olio e sale, o potrete mettere il filoncino sulla leccarda del forno, ed aspettare altre tre ore, tenendola al riparo da correnti ,all'interno del forno stesso, freddo.
Quindi, accendete il forno a 180°, o 200° (ognuno conosce i suoi polli), con dentro già il vostro pane: se volete fare le cose per benino, mettete all'interno un ciotolino termoresistente con dell'acqua: l'impasto guadagnerà in sofficità. Quando il filone avrà fatto un po' di crosta, dopo dieci minuti circa dal raggiungimento della temperatura, trasferitelo direttamente sulla grata del forno, cosicchè possa cuocersi da tutte le parti, sviluppando una bella crosta. Sarà pronto in venti minuti circa a partire da ora.
Sfornate ,e fare ben raffreddare. Avrete un pane molto simile a quello ottenuto da pasta madre, e mooolto durevole!