lunedì 29 dicembre 2008

Torta Riccioli de La Cucina Italiana: come eravamo...


Non vi dico lo stupore, la gioia e la curiosità che ho provato quando, in un mercatino dell'usato vicino a casa mia ho scovato, anzi, mio marito ha scovato ( perchè io cerco....cerco...ma poi le vere chicche le trova sempre lui! ) cinque numeri de La Cucina Italiana, risalenti al 1957! Mi sono incantata a sfogliare queste pagine ancora molto ben conservate: è un vero tuffo nella vita di cinquant'anni fa, uno spaccato del gusto, delle aspirazioni, dei modelli dell'epoca.
Per prima cosa: le calorie degli alimenti : esse sono viste come qualcosa di benefico, positivo, nutriente, quindi....che ben vengano! Nessun cenno alla linea, ad alimenti light, o a cibi scremati: ma, specie per i bimbi, un tripudio di colazioni sostentratrici, di merende ristoratrici, di energetici pranzetti !
E poi, la visione della donna: angelo del focolare, timida, ma solerte e indispensabile ombra che, dietro il marito, lo sostiene, lo vizia, ne cura le alleanze ed i legami sociali, ha l'obbligo di essere sempre bella e curata, e di dirigere con garbo e discrezione la chiassosa orchestra della famiglia....
E i desideri, i prodotti-culto di quegli anni, poi!...Sono oggetti che ai nostri occhi appaiono come superati, obsoleti, inefficaci: aspirapolveri ingombranti, improbabili lavatrici, fruste elettriche ed altri elettrodomestici dal design che strizza l'occhio al mondo futuristico dello spazio, ma poco pratici o potenti rispetto ai piccoli capolavori che oggi fanno bella mostra di sè nelle nostre cucine....ma anche così accattivanti, nei loro colori vivaci ( oggi i piccoli elettrodomestici sono quasi sempre bianchi o argentati! ), nelle loro forme semplici e squadrate, nella loro solida struttura che fa pensare ad un bene prezioso, ad una spesa destinata a durare nel tempo, ad un vero investimento!
E poi: i doveri sociali, i consigli del galateo, i convenevoli della vita mondana....O i servizi sui ristoranti emergenti della cucina...
Ma in questa full immersion negli anni della giovinezza dei nostri genitori, ho notato che sono anche molti gli aspetti in comune con la nostra epoca: sfogliando, si incontrano prodotti come Ovomaltina, o il brodo Knorr, o il tè Ati in bustine ( graziose signorine inglesi dell'alta società assicurano di non aver mai bevuto un tè migliore! ) o la margarina Gradina ( "...brava, avevi ragione: si mangia bene con Gradina! ") la carne Simmethal ,prodotti che hanno sfidato il passare del tempo: avveniristici ,allora, oggi, per noi, culla di ricordi, coccola confortante di tradizioni casalinghe....Nuove entrate come la magnifica Moka Bialetti, "che sfrutta tutto il caffè"; servizi su ristoranti destinati a fare strada ( vi dice niente Fini di Modena? ); consigli sull'uso di nuovi, avveniristici materiali, come ...la gommapiuma, e la fòrmica!



E poi ci sono le ricette intramontabili, come questa Torta Riccioli, di lontanissima memoria, che sfida il tempo per la sua bellezza, per la sua bontà, per essere l'archetipo della torta a lievitazione lenta; è la torta per cui ci vuole un intero pomeriggio di sapienti lievitazioni e di vigorosi impasti, ma che lascia il segno nella memoria di chi la vede uscire dal forno ,come una regina dalle sue stanze, e che può goderne per una settimana senza che ne vengano scalfiti consistenza e profumo.

da La Cucina Italiana, rivista per le famiglie fondata nel 1929, dicembre 1957

TORTA RICCIOLI

Ingredienti:

farina bianca g 500
burro g 110
zucchero g 100
zucchero a velo (facoltativo! ) g 100
lievito di birra g 10
qualche cucchiaio di marmellata
4 uova
un bicchiere circa di latte
sale

Impastate in una zuppierina il lievito di birra, 100 g di farina e tanta acuqa tiepida quanta ne basti a formare una pasta morbida.
Fate di questa pasta una palla, infarinatela, fatele sopra un taglio a croce e mettetela a lievitare, coperta, in luogo tiepido per circa mezz'ora.
Versate in una seconda zuppiera più grande la restante farina, lo zucchero semolato, il burro ammorbidito e tagliato a tocchetti, mezzo cucchiaino di sale tre tuorli: unite il panetto lievitato e circa un bicchiere di latte tiepido: la pasta dovrà essere elastica e abbstanza morbida.
Lavoratela con energia sul piano di lavoro, finchè non si staccherà bene dalle mani e dalla spianatoia: a quel punto infarinatela, coprite la zuppiera con un tovagliolo e mettete di nuovo a lievitare per un'ora.
A quel punto prendete la pasta, lavoratela sul piano per pochi secondi e spianatela in un cerchio alto circa un centimetro e mezzo.
Imburrate o mettete della carta forno su una placca da forno e sistematevelo.
Mettete al centro un bicchiere: servirà come riferimento. Con un coltello affilato e ben infarinato tagliate la pasta in dodici fette che ariveranno sino al bicchiere ( guardate le immagini....).


A questo punto prendete due fette di pasta, allungatele delicatamente fra le mani, intrecciatele, avvolgetele a spirale e sistematele al centro, al posto del bicchiere. Procedete intrecciando a due a due le altre fette, allungate fra le mani, fino ad avere una specie di fiore a cinque petali. Con le mani cercate di compattarlo il più possibile. Mettete al centro di ogni rosetta uno, due cucchiai della marmellata che preferite ( ottima quella di more e di frutti di bosco in genere! ). A questo punto la ricetta prevede che mettiate intorno al fiore, per mantenerlo in forma, un cerchio fatto con carta da pasticceri: io credo si possa usare la carta forno, ripiegata su se stessa varie volte a renderla più robusta e chiuda con una spillatrice a formare un cerchio, oppure, come ho fatto io, il cerchio di una torta a cerniera, imburrato ed infarinato.
Coprite con un tovagliolo e fate lievitare per un'altra ora.
Pennellate con restante tuorlo, e con grande delicatezza, la vostra torta, che sarà molto lievitata, ed infornatela in forno ben calso a 200° per 20 minuti circa.
Fatela raffreddare e togliete il cerchio che la teneva in forma. Quando sarà completamente fredda, potrete decorarla facendo con poca acqua e lo zucchero a velo una glassa da far colare a linee sottili con un piccolo cono di carta forno, o con un sac-à-poche...ma io credo che diventerebbe troppo dolce, e mi sono fermata al passaggio precedente....

Lodi, quindi, alla torta che abbisogna di lentezza, di cura, di dolci sonnellini in tiepidi angoli sotto tovaglioli quadrettati, e di amorosi massaggi sulla spianatoia!

venerdì 26 dicembre 2008

Crèpe con fichi secchi, cioccolato e liquore Strega...


Innanzitutto...ancora tanti auguri ! Voglio svelarvi una ricettina in cui ho intenzione di cimentarmi anche in questi giorni....

Mi piace consultare libri di cucina italiana scritti da stranieri. Penso che il loro approccio al nostro cibo, al nostro modo di vivere e alla nostra cultura in generale sia per certi versi ingenuo e sognante, con una punta di romanticismo da Grand Tour: ma credo anche che riescano a cogliere la bellezza di certi particolari, di certi accostamenti, di nomi , forme e colori che al nostro occhio ,ormai viziato da tanta bellezza ,ormai sfuggono: anche perchè forse il nostro sguardo è velato, specie negli ultimi tempi, da un pessimismo e da un atteggiamento indolente nei confronti dell'Italia e dell'italianità in genere che, francamente, ritengo un po' eccessivi.
Io ,che pure sono toscana, mi soffermo sempre con meraviglia e commozione ad ammirare le immagini e ad assaporare mentalmente le ricette del bel volume Cucina Toscana, scritto a quattro mani da Stephanie Alexander e Maggie Beer, e corredato dalle suggestive, affascinanti foto di Simon Griffiths.
Vista coi loro occhi la Toscana brilla di luce intensissima...Giunte nel nostro paese nel settembre del '97 per organizzare alcuni corsi di cucina, nei due mesi di permanenza Stephanie e Maggie hanno avuto il tempo di assaporare, annusare, toccare l'Italia, scoprendo tutta la complessità meravigliosa della cucina di questa regione, fresca ed estemporanea, eppure così ricca di storia e di rimandi, e così legata al ritmo delle stagioni...


Affascinata fin da piccola dalla solare presenza del Liquore Strega che troneggiava al momento del caffè sulla tavola dei miei nonni, me ne sono comprata una bottiglia per assaggiarlo, alla mia veneranda età! Si tratta dello straordinario distillato di 70 erbe, dorato di zafferano, prodotto a Benevento dalla famiglia Alberti: ho voluto sperimentare una ricetta che lo esaltasse, anzichè relegarlo a semplice bagna, o a profumo "copri-uovo" nei dolci.
La proposta di queste due simpatiche ed intuitive cuoche, mi ha letteralmente...stregata! Questa Crèpe di cioccolato con mascarpone, fichi secchi e liquore Strega è risultata sorprendentemente aromatica, complessa nel gusto e nelle consistenze mi è davvero piaciuta molto!


Ho un po' paura di questa bottiglia gialla e nuova, ma sono troppo curiosa....

Per alleggerire la prepazione io , però ho sostituito metà del mascarpone con ricotta vaccina...Non avevo, inoltre, l'agresto, anzi...non sapevo neanche di cosa si trattasse! Incuriosita, ho fatto una piccola ricerca : ho scoperto che si tratta di un condimento a base di mosto d'uva, di sapore acidulo, molto utilizzato sin dall'epoca romana....Quindi, per inserire una nota lievemente acida, ho utilizzato, nell'ammollare i fichi secchi, tre dita di acqua mescolata a due cucchiai di aceto balsamico Tradizionale...quello vero, per intenderci!
Certo, chi ha la fortuna di possedere l'agresto, potrà godere della gioia di sperimentare la ricetta nella sua completezza originaria...

Per la crèpe
10 g di burro
75 ml di latte
4 uova
2 cucchiaini di Liquore Strega
140 g di farina
60 g di cacao amaro
25 g di zucchero
1 cucchiaino di sale ( io ho messo quello integrale di Guérande )

Per il ripieno
100 g di fichi secchi
agresto
2 cucchiaini di Liquore Strega
200 g di mascarpone ( o 100 g di mascarpone mescolati con la frusta ad altrettanta ricotta )

Mescolate in una terrina il burro, fatto fondere e poi lasciato leggermente raffreddare, con il latte, le uova e lo Strega. Unite poi, dopo averli ben setacciati, gli ingredienti secchi. Se la pastella risultasse troppo densa, aggiungete qualche cucchiaino di latte in più.
Rinvenite nell'agresto o nell'acqua acidulata i fichi secchi per una mez'ora, quindi scolateli ben bene e fateli a pezzetti ( io hoo utilizzato la vecchia, cara mezzaluna ).
Fate la crèpe in una padella adatta, ben imburrata e ben calda: dovrà risultare abbastanza sottile.
Quindi mescolate i fichi al mascarpone, con delicatezza estrema per non far "impazzire" il composto: riempite le crèpe che avrete, nel frattempo, posto in un vassoio. Lasciatele per un po' di tempo in frigorifero e spolverate, al momento di servire, con zucchero a velo....squisite! specialmente se servite con il caffè a fine pranzo...

domenica 21 dicembre 2008

Buon compleanno, maestro!


" Il popolo di Torre del Lago
pose questa pietra
a termine di devozione
nella casa
ove ebbero nascimento
le innumeri creature di sogno
che
GIACOMO PUCCINI
trasse dal suo spirito mortale
e rese vive
col magistero dell'arte
perchè dicessero a tutti
ITALIA..."

Questa targa, posta sul fianco della villa pucciniana di Torre del Lago nel 1924, dice già tutto...
Il nome Puccini è sinonimo di italianità, di arte, di musica in tutto il mondo.
Nato il 22 dicembre di 150 anni fa a Lucca, egli ci ha regalato alcune delle arie più belle di tutti i tempi...Mimì, Tosca, Butterfly, Turandot rappresentano le mille sfaccettature dell'animo femminile, di cui Puccini, amante delle donne in tutti i sensi, fu finissimo conoscitore.
Ma di Puccini è rinomata anche l'immensa passione per la cucina, soprattutto per i piatti di cacciagione ( famose le folaghe alla Puccini ), e per i dolci. Grande frequentatore di caffè illustri, come il caffè di Simo nel centro di Lucca, o il Margherita di Viareggio, amava in particolar modo le piccole pasticcerie d'élite: ad esempio, nella godereccia Viareggio, alla più nota pasticceria Fappani, ne preferiva una piccolina, non molto lontana da quest'ultima, il cui titolare, in virtù della stima e dell'amicizia che lo legava al Maestro, e conoscendone bene i gusti, inventò per lui una variante della famosa Torta co' Becchi Lucchese. Si trattava di una frolla, su cui si adagiavano un voluttuoso strato di amaretti bagnati nel rum, uno di cioccolato fondente extra, e uno, sottile, di marmellata di ciliegie.

La Torta Puccini nacque così: caduta in disuso perchè profondamente legata alla figura del Maestro e perchè, soprattutto, molto costosa, essendo fatta con ingredienti della miglior qualità ed abbastanza dispendiosi rispetto alle verdure ed alle uvette che tradizionalmente compongono la Torta co' becchi, viene ora rispolverata in onore del centocinquantenario del grande musicista, assieme alla ricetta segretissima di un cioccolatino al rum a lui dedicato dall'Antica Locanda di Sesto.
Grandi festeggiamenti, dunque, il 22 dicembre, e grandi eventi...

Anche io, basandomi sugli ingredienti tanto amati da Puccini, ho voluto omaggiare, in maniera semplice, ma sentita, colui che così tante volte mi ha emozionato. Prendendo ispirazione dalla suddetta torta, gli dedico quindi il mio:

Bon-bon Puccini

Cioccolato fondente al 70%
amaretti
rum bianco
marmellata di ciliege poco zuccherata ( o anche di fragole )
cacao amaro in polvere


Fate sciogliere a bagnomaria o nel microonde il fondente. Intanto bagnate con un gesto velocissimo, uno per uno, gli amaretti nel rum: appaiateli poi due a due, mettendo in mezzo un po' di marmellata. Rotolate quindi il bon-bon nel fondente, aiutandovi con due forchette, quindi nella polvere di cacao amaro e metteteli a freddare, in frigo o, semplicemente, fuor di finestra, su carta forno, finchè non si saranno solidificati. Fate tutto questo non molto prima di consumarli, per non lasciare che gli amaretti perdano del tutto la loro consistenza.
Mi è molto piaciuto il gioco di profumi e consistenze: da quella "polverosa" dell'esterno, a quella croccante e fredda del fondente, alla cedevolezza dell'amaretto leggermente bagnato nel rum, sino al cuore morbido di marmellata....
Provateli, magari come evocativo accompagnamento al tè Madama Butterfly, miscela sapiente di Alfredo Carrai, una base giapponese con un sospiro di frutta, e l'azzurro del fiordaliso....Io, nell'attesa di procurarmelo di nuovo, ho utilizzato il Rosa del Giappone, anch'esso de La Via del Tè: la base è un Genmaitcha, ovvero una miscela di tè verde e riso tostato, impreziosita da roselline e fiordaliso....


In questo giorni sono stata invitata da varie amiche, fra cui Mary e Mara a partecipare all'iniziativa di Anna Paola, legata al Natale ed in particolare...a Babbo Natale!
Non me ne vogliate, ma non la giro ad altri blog, perchè ho paura di fare qualche gaffe e di invitare al gioco persone che abbiano già partecipato! Comunque, una breve letterina la scrivo pure io...

Caro babbo Natale, sarò breve, perchè so che hai tanto da fare in questi giorni....io non voglio chiederti niente, perchè quello di cui avrei bisogno veramente non sono cose che posso chiedere a te, semmai a qualcun altro...E poi, tante cose le ho già: parlo non solo dei beni materiali, ma soprattutto delle persone che ho intorno, da cui mi sento davvero amata ,e senza le quali non avrei avuto la forza che ho in questo periodo così nero, con i problemi di salute che ho avuto e che ho ancora...
Comunque,se proprio devo chiederti dei regali materiali, perchè si tratta di un gioco, e voglio essere anch'io un po' "leggera", vorrei poter fare un viaggio a Londra: oppure desiderei una Stanza da Tè, tutta per me, rivestita di carta da parati a fiori stile inglese, con le pareti tappezzate di quadri con le stampe delle rose di Redouté, con scaffali con tazze e teiere antiche, una vetrina con tutti i miei tè, in belle scatole di latta colorate, con una biblioteca con tutti i miei libri preferiti, un piccolo stereo per la musica, una poltroncina di velluto azzurro ed una table habillée dove degustare ,alle cinque in punto ,il tè prescelto: oppure vorrei un minuscolo giardino zen...e allora la sala da tè sarebbe tutta in stile giapponese!
Ma questo solo perchè il gioco prevede che ti chieda qualcosa, altrimenti....ho già tante tazze, teiere e tè....con l'aggiunta della fantasia posso prendere OVUNQUE la tazza quotidiana dell'infuso che adoro ...

Dovrei chiedere, secondo le regole del gioco, un regalo per il mondo: anche questa è una richiesta che non so se sia giusto fare proprio a te, ma, se devo proprio esprimermi, vorrei che nelle persone ci fosse maggior CONSAPEVOLEZZA... Secondo me questa è la virtù alla quale farebbero seguito automaticamente tutti gli altri doni: felicità, pace, benessere, amore....Consapevolezza che se inquini, commetti un reato gravissimo; consapevolezza che se acquisti una crema o un profumo testati sugli animali, non sarai mai bello; consapevolezza che se fai del bene, non devi chiederti cosa te ne verrà in tasca, e che quel bene non andrà perduto; consapevolezza del valore di una stretta di mano, del messaggio di un libro, della bellezza di un'opera d'arte, o di un fiore: consapevolezza quando parli, quando compri, quando agisci, quando ami...
Detto questo, auguro buon Natale anche a te, Babbo Natale: sei anziano, ormai, e gli acciacchi cominciano a farsi sentire! E copriti bene, su quella slitta, che la notte fa freddo! Un bacio grande.....Romina

sabato 20 dicembre 2008

Un regalo per voi....



Ho pensato a lungo a che regalo farvi per Natale...ed ho scelto questa canzone.
Adoro "Sleeps with Butterflies", non soltanto perchè è di Tori Amos ,e perchè il video è ispirato alle eleganti, coloratissime opere di Aya Kato; la adoro anche perchè mi riporta alla memoria un ricordo bellissimo, di cui voglio farvi partecipi.
Quando ero piccolina, avevamo un pezzetto di terra vicino al mare ,con una baracca di legno dove, nella brutta stagione, riponevamo le sedie, il tavolo ed altre poche cose. Io non vedevo l'ora che passasse l'inverno, per tornare a giocare sul prato, al sole...
Ma l'inverno quell'anno non passava mai.
L'asma non mi dette tregua, e feci per mesi la spola fra casa ed ospedale, perdendo anche moltissimi giorni di scuola...Ci vollero mesi prima che potessi ritornare alla terra: ma mi attendeva una sorpresa, che non avrei mai più dimenticato...
Ansiosa di riprendermi i giocattoli che avevo lasciato nella baracca, mi gettai sulla porta, e l'aprii con forza....
Una nuvola bianca, setosa, frusciante di farfalle color avorio mi si riversò addosso, leggera, lasciandomi a bocca aperta....

Chissà, forse si erano riprodotte là dentro al calduccio, ma non voglio farmi troppe domande: la bella stagione, i giochi, la spensieratezza avevano voluto darmi il benvenuto dopo la lunga assenza con un volo di farfalle.

Questo è il mio augurio per voi: che in queste feste di Natale abbiate il cuore leggero e vibrante come un volo di farfalla...

Godetevi questa canzone con una buona tazza fumante di tè Hojicha: si tratta di un tè bancha leggermente tostato, quasi privo di caffeina: di certo non un tè pregiatissimo, ma è così profumato, gustoso, purificante....

Attendete, nei vostri cuori , la Primavera....



Rosa Golden Wings ( creata da Roy Shepherd nel 1956)

venerdì 19 dicembre 2008

Melanzane con caprino, glassa di balsamico, maggiorana.


In giardino ho piantato la maggiorana un po' ovunque....E', a mio parere, una pianta bellissima, con le sue piccole foglie vellutate dal colore verde chiaro, i suoi esili fusti un po' legnosi, i microscopici fiorellini bianchi che, ogni tanto, se non viene cimata a dovere, fanno capolino. Appartenente alla stessa famiglia dell'origano, la adopero moltissimo in cucina: ma è soltanto una scusa per profumare le dita, nell'atto di coglierla, con il suo inconfondibile, persistente aroma...
Ho preso questa ricetta da uno speciale sui formaggi che spero ancora di avere da qualche parte...non mi ricordo il nome della rivista a cui era abbinato, ma tanto, con l'andar del tempo, le dosi le ho talmente ritoccate, variate, adattate, che non c'è pericolo che io citi qualcuno troppo da vicino...Se poi, nel caos della mia vetrinetta piena zeppa di libri, quaderni e ritagli, il libriccino dovesse saltar fuori, mi impegno solennemente a citarlo, anche soltanto per affetto e dedizione nei suoi confronti....questa ricetta ha infatti conquistato il cuore di tutta la famiglia, anche perchè il suo profumo non può non rapire.
La preda preferita sono io: malata di provenzitudine, al solo nome della maggiorana, del timo, della lavanda , di fronte alle adorate "aubergines", ed al caprino ( cara Salade Chèvre Chaud, che tante volte in vacanza mi hai splendidamente rifocillato! ), sento partirmi nelle orecchie un frinire di cicale, e in un batter d'occhio sono lì, al mercato di Aix, a godermi il sole che filtra dai platani centenari, con la sporta di paglia sottobraccio, in mezzo alle verdure....
Se volete raggiungermi, procuratevi:

Delle melanzane nere, sode, di media grandezza
aceto balsamico
olio evo, sale, zucchero
maggiorana fresca ( anche secca va bene, ma fresca è tutta un'altra cosa...a chi piace, può azzardare un rametto di timo, messo lì con nonchalance, ad accentuare la rievocazione dell'estate provenzale! )
farina per infarinare le melanzane
olio per friggerle
caprino...ma...ATTENZIONE! Non il caprino fresco, spalmabile: bensì quello come da foto, stagionato, sodo fuori e cremoso nel centro, con intorno l'efflorescenza bianca....

Tagliate le melanzane a fette alte un dito, cospargetele di sale grosso, mettetele in un colapasta e ponetevi sopra un peso, in modo che si liberino dell'amara acqua di vegetazione. Tenetele così una mezz'oretta, poi sciacquatele molto bene ed asciugatele con cura...


Preparate l'olio: che sia bello alto! Quando sarà ben caldo, friggete, dopo averle infarinate, le fette di melanzana, sin quando non saranno dorate: trasferitele quindi in un piatto, asciugandole bene con carta da cucina.
Mettete in un pentolino qualche cucchiaio di aceto balsamico di ottima qualità, con un bel pizzico di sale e uno, o due cucchiaini di zucchero. Portate ad ebollizione mescolando continuamente e fate ritirare ed evaporare un poco: ne verrà fuori una specie di glassa liquida, saporita...Purtroppo, non posso dare dosi precise: dipende dal gusto di ognuno, ma anche dall'aceto di partenza...Comunque,per chi ha paura di sbagliare ,esistono glasse gastronomiche di aceto balsamico bell'e pronte...d'altra parte, se si ha gente a cena e si ha paura di fare, per la prima volta, un pasticcio...perchè non approfittare?
Una volta freddato, mescolare all'aceto/glassa una quantità doppia o tripla di olio EVO. Amalgamateli, ma non troppo: non dovrà formarsi un'emulsione, glassa ed olio dovranno rimanere distinti.
Componete quindi il piatto: sopra le fette ben calde di melanzana ponete delle fettine di caprino, poi un cucchiaino di olio e glassa, cercando di distribuire entrambi bene sulla fetta ( guardate le foto: le ho fatte belle grandi apposta, cosicchè possiate prendere ispirazione!...), e rifinite con le foglioline di maggiorana...

Ecco: il miracolo si è compiuto! Non è freddo, non è inverno; è mattino presto, e l'aria è tiepida e profumata...Siete al mercato di Aix! Bonne promenade....

mercoledì 17 dicembre 2008

Zuppa Parmentier....


Parmentier...chi era costui? Una persona che, inconsapevolmente, ha fatto la felicità di tutti noi, un uomo che dovremmo ringraziare ogni giorno quando ci mettiamo a tavola...Parmentier è, infatti, colui che dette una spinta decisiva alla diffusione della patata.
La patata, assieme al collega pomodoro e ad altri prodotti venuti dalle Americhe, era da sempre guardata con sospetto: quando, a metà del '500, Filippo II di Spagna inviò al Papa delle patate, queste furono scambiate per una specie di tartufo: potete immaginarvi lo sconcerto ed il disgusto che provocò il loro assaggio. Addirittura, a metà del '700 in Francia, un editto le bollò come responsabili della diffusione di epidemie e delle infezioni. Erano considerate allucinogene, vero e proprio cibo delle streghe, che se ne sarebbero nutrite per poter volare!
Fu Antoin-Augustin Parmentier, agronomo e nutrizionista che collaborò alla corte di Luigi XVI, ad intuire che non solo la patata era buona, poco costosa e versatile, ma poteva, in caso di carestia, costituire un valido aiuto per la popolazione. Le virtù di questo ortaggio gli si erano rivelate durante la Guerra dei Sette Anni, combattuta dalla Francia contro Inghilterra e Prussia. Caduto in prigionia in Germania, durante la detenzione potè apprezzare le qualità nutritive, oltre che il sapore, delle patate. Convintissimo sostenitore di questo ortaggio, anche perchè capace di crescere sui terreni più poveri, prese ad adornarsi il panciotto col fiore della patata, quasi a simbolo delle proprie idee: "La patata" era solito affermare " è il pane che non abbisogna nè del mugnaio nè del fornaio! ".
Trascinò ben presto con il suo entusiasmo anche i sovrani: fiori di patata presero ad adornare anche il cappellino della regina e delle sue dame di corte!
Ma ciò che rese finalmente popolari le patate, fu uno stratagemma: Parmentier convinse il re a tentare una coltivazione della patata a Campo di Marte: il territorio venne circondato da guardie, e venne fatta correre la voce che, in quei terreni, si produceva una prelibatezza destinata solo e solamente al sovrano...Il gioco era fatto! In men che non si dica ladri, curiosi, golosi cercarono di accaparrarsi le patate, considerate ormai qualcosa di proibito, un vero e proprio status symbol!

La zuppa Parmentier è una crema di patate, impreziosita da panna fresca, accompagnata da crostini...Ne esistono diverse varianti, tutte improntate a semplicità e delicatezza. Io, da sempre, la faccio con la pentola a pressione...e la faccio così:

4 patate di media grandezza
2 porri di media grandezza
olio EVO, burro ( io uso quello a basso contenuto di colesterolo)
una baguette
un dado vegetale
prezzemolo e/o cerfoglio
alloro
panna fresca ( io uso quella vegetale, o di soia )

Metto sul fondo della pentola qualche cucchiaio di olio ed una noce di burro. Taglio abbastanza sottile uno dei due porri e lo soffriggo leggermente. Intanto taglio le patate a dadolini, le insaporisco brevemente nel fondo di cottura, e aggiungo tanta acqua da coprirle di un dito. Metto mezza foglia ( o una, a seconda dei gusti...) di alloro , il dado vegetale ( che sia di ottima qualità !) e faccio cuocere venti minuti dal fischio. Dopodichè, una volta tolto l'alloro, rendo cremoso il tutto con un frullatore ad immersione: la consistenza dovrà essere abbastanza densa, molto cremosa: se è troppo liquida, far ritirare per qualche minuto.
Nel frattempo metto a stufare in un padellino con poco olio e poca acqua l'altro porro, tagliato anch'esso a rondelle abbastanza sottili, sino a che non sarà morbido, ma ancora compatto. Taglio quindi alcune fette di baguette e le metto a tostare con olio e burro in una padella antiaderente ( o, dopo averle cosparse di olio, le passo in forno ).
A quel punto impiatto: sotto la vellutata crema di patate: sopra, un cucchiaio di porro stufato, pepe di macina e, a decorare, foglie di prezzemolo o di cerfoglio; nel centro, ad esaltare il contrasto freddo/caldo con la vellutata, un cucchiaio di panna fresca; a lato, nel piatto stesso o in un piccolo cestino, i crostini ancora caldi....E' una ricetta semplice, ma che ,secondo me ,esalta moltissimo questo ortaggio!

Con questa ricetta vorrei partecipare alla raccolta "Raccogliamo le Patate" di cui ho posto il banner qui a lato, e che è frutto della fantasia della simpatica Viviana di " Cosa Ti Preparo per Cena? "

Ah, se vi capita di andare al Cimitero di Père Lachaise a Parigi, date un'occhiata alla tomba di Parmentier, ignaro benefattore .....di tutti noi!